.

Tesi di specializzazione I




UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

Istituto di III Clinica Chirurgica Generale Direttore Prof. Giorgio Di Matteo
Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare I Direttore Prof. Francesco Paolo Campana

Tesi di Specializzazione

LA RESTENOSI CAROTIDEA EZIOPATOGENESI, PREVENZIONE,
TERAPIA  



Specializzando Dr. Roberto Chiappa (Matr. CU 7453)
Relatore Chiar.mo Prof. Enrico De Antoni
ANNO ACCADEMICO 1998-1999
Tesi elaborata con la collaborazione del Prof. Bruno Salvati



INTRODUZIONE

L’endoarterectomia carotidea (CEA) è la procedura non cardiaca attualmente più eseguita nei reparti di chirurgia cardiovascolare. Recenti studi clinici prospettici randomizzati hanno chiaramente dimostrato l’efficacia del trattamento chirurgico nel
ridurre l’incidenza di stroke in pazienti con stenosi serrata dell’arteria carotide interna siano essi sintomatici o meno per pregressi eventi ischemici transitori retinici, emisferici o stroke non invalidanti.1,2,3,4
Limitare il tasso di complicanze perioperatorie al di sotto del 3% è la condizione necessaria al raggiungimento di tali risultati.
Quale sia la tecnica chirurgica più idonea, il tipo di anestesia e di monitoraggio neurologico intraoperatorio più efficace, valutare la necessità dell’utilizzo di uno shunt e l’opportunità di un patch nell’esecuzione dell’arteriorrafia, sono solo alcuni degli argomenti attualmente più dibattuti.
Oggetto di particolare attenzione è la stenosi carotidea recidiva o restenosi carotidea, principale causa di fallimento a lungo termine della terapia chirurgica. Fenomeno sottostimato in epoca pre ecografica solo recentemente se ne stanno comprendendo le cause, i meccanismi fisiopatologici, le implicazioni cliniche e le possibili opzioni terapeutiche.

INCIDENZA, EZIOLOGIA E PATOGENESI
Una restenosi carotidea emodinamicamente significativa (> 50%) si verifica in una percentuale variabile in letteratura tra il 7% ed il 22% dei pazienti sottoposti a CEA.5,6,7,8 In uno studio eseguito alla
Tufts University, New England Medical Center, Mackey (1992) rileva una incidenza di restenosi carotidea significativa in
circa il 16% delle 348 carotidi endoarterectomizzate con follow up medio di circa 53 mesi. 5
La restenosi carotidea può insorgere dopo qualsiasi intervallo di tempo successivo alla primitiva procedura chirurgica. Le lesioni identificate entro i primi mesi rappresentano verosimilmente stenosi residue piuttosto che ricorrenti e sono strettamente correlate ad errori tecnici durante la procedura. Le restenosi insorgenti in un intervallo di tempo inferiore ai 24 mesi sono legate ad una iperplasia miointimale, una proliferazione di collageno e cellule muscolari lisce nella tunica media dell’arteria e sono prevalenti nel sesso femminile; le restenosi che insorgono dopo più di 36 mesi dalla CEA solitamente rappresentano una degenerazione aterosclerotica di una lesione iperplastica o una vera aterosclerosi ricorrente e sono più strettamente associate all’uso di tabacco e all’iperlipidemia.9,10
Stoney e String furono i primi a riconoscere l’importanza delle stenosi carotidee recidive e la differente morfologia delle lesioni
Restenosi tardiva (> 36 mesi) Restenosi precoce (< 24 mesi) (aspetto istologico) (aspetto istologico)
precoci e tardive.9 Il riscontro di placche a componente mista ha indotto alcuni Autori a sostenere che le lesioni iperplastiche progrediscano verso lesioni aterosclerotiche complesse,11 ma studi immunoistochimici recenti dimostrano che le due componenti possono rimanere separate anche in placche rimosse 10-15 anni dopo l’iniziale endoarterectomia.12 Marek e Koehler (1998) ipotizzano due differenti meccanismi patogenetici legati alla risposta della parete arteriosa a diverse profondità di dissezione durante l’endoarterectomia, focalizzando in particolar modo l’attenzione sul processo di neoendotelizzazione quale principale modulatore della riparazione arteriosa.
Sebbene diversi fattori eziologici quali età, sesso, diabete, ipertensione, iperlipidemia, fumo, errori tecnici e/o stenosi residua post endoarterectomia, siano riconosciuti responsabili dello sviluppo della restenosi, il loro meccanismo d’azione rimane poco chiaro.13-19 Stabilire con precisione la relazione tra fattori locali e sistemici nella patogenesi delle restenosi carotidee è particolarmente importante per la corretta applicazione delle misure preventive; i dati in letteratura sono a tal riguardo piuttosto confusi e contraddittori ma la recente pubblicazione di due studi su pazienti sottoposti a CEA bilaterale suggerisce la predominanza dei fattori locali nel processo di stenosi carotidea recidiva (Rossi, 1995; AbuRahma, 1999).20,21
I fattori locali più frequentemente chiamati in causa nel processo di restenosi carotidea, gli stessi riconosciuti responsabili dell’embolia e trombosi acuta postoperatoria, sono il ridotto diametro dell’arteria carotide interna (Ø < 6 mm), una sua eccessiva lunghezza e ridondanza (kinking, coiling), una arteriotomia eccessivamente lunga, l’estensione prossimale della placca, un piano eccessivamente profondo di dissezione, la presenza di flap parietali, imperfezioni nell’esecuzione dell’arteriorrafia e stenosi residue.18

PLASTICA CON PATCH
Una tecnica accurata nell’esecuzione dell’endoarterectomia viene da più parti considerata indispensabile presupposto per la riduzione dei fallimenti immediati e a lungo termine della chirurgia carotidea. Fiorani (1997)22 in tal senso pone l’accento sulla necessità del controllo intraoperatorio (ecografico, angiografico od angioscopico) ed eventuale correzione immediata dei difetti tecnici; Cao e Zannetti (1999)23 in uno studio prospettico multicentrico dimostrano d’altra parte come la correzione immediata di tali difetti non abbia effetto sulle percentuali di stroke perioperatorio e restenosi precoce che sono invece sensibilmente ridotte nelle procedure correttamente eseguite d’emblee.
Particolarmente eterogenee sono le opinioni riguardo il ruolo di particolari accorgimenti tecnici o varianti stesse di tecnica nel ridurre i tassi di restenosi dopo endoarterectomia carotidea. La necessità di una plastica della biforcazione carotidea con o senza patch, i vantaggi dell’endoarterectomia per eversione, la razionalità di un approccio endovascolare, sono alcuni degli argomenti più dibattuti.
Quale sia la migliore tecnica di sutura dopo endoarterectomia carotidea ed in particolar modo la necessità o meno dell’utilizzo di un patch, rimane tutt’oggi materia di discussione.24-27 È stato suggerito
che l’ottimizzazione del flusso sanguigno ottenuta utilizzando il patch sia l’elemento su cui si fondano ridotte percentuali di trombosi postoperatoria e di restenosi precoce e tardiva;26
l’incremento stesso del diametro carotideo ridurrebbe gli effetti del normale processo di riparazione arteriosa ed iperplasia miointimale.11 I sostenitori dell’arteriorrafia diretta non accettano tali tesi e mettono
in guardia da possibili sovradimensionamenti del bulbo carotideo con rischio di trombosi, degenerazione aneurismatica, rottura del patch.
Lo studio di modelli sperimentali ha dimostrato che la particolare geometria del bulbo carotideo giuoca un ruolo essenziale nel processo di aterogenesi generando elevati gradienti di shear stress parietale con separazione e stagnazione dei flussi; le principali cause di disturbo sono rappresentate dalla biforcazione e dall’improvvisa riduzione di calibro al passaggio tra bulbo e carotide interna.28 La ricostruzione ideale dopo endoarterectomia carotidea dovrebbe eliminare tali cause e la plastica con patch assolve bene questo compito. Imparato (1986)29 ha d’altra parte più volte enfatizzato il ruolo della ricostruzione con patch nel correggere la geometria sfavorevole della biforcazione carotidea piuttosto che nell’incrementarne il diametro. Tecnicamente l’utilizzo del patch, seppure “time consuming”, permette di estendere prossimalmente l’arteriotomia sulla carotide interna e gestire con facilità, sotto controllo visivo diretto l’endpoint dell’endoarterectomia. La scelta del materiale più idoneo è essa stessa materia di discussione: l’utilizzo di tessuto autologo (principalmente vena safena, vene o arterie del collo) piuttosto che materiale (PTFE) o tessuto (Dacron) sintetico, il ricorso a tessuti omologhi (vena safena criopreservata) o eterologhi (pericardio bovino) sono solo alcune delle possibili alternative. La vena safena autologa è da preferire per le proprietà antitrombotiche e la resistenza alle infezioni, i materiali sintetici per la loro facile reperibilità, riduzione dei tempi operatori, resistenza alla degenerazione aneurismatica ed alla rottura.
In realtà al di la dei vantaggi teorici, nessuno dei numerosi studi finora conclusi ha dimostrato con chiarezza l’effettiva superiorità di un materiale nei confronti degli altri ne tanto meno ha risolto il dibattito sulla reale efficacia del patch nel ridurre i tassi di restenosi carotidea. Considerate individualmente queste esperienze giungono a conclusioni diametralmente opposte per quanto concerne l’opportunità del patching ed eventualmente sul miglior materiale da impiegare.21,30- 32 Un limite evidente di tali studi risiede nello scarso numero di pazienti reclutati e quindi sullo scarso valore statistico dei risultati. Quando però si uniscono i dati attravero una meta-analisi i risultati che si ottengono assumono un valore statisticamente accettabile e permettono di trarre qualche conclusione.33 Il dato che emerge è il vantaggio in termini di trombosi, stroke perioperatori e restenosi nell’utilizzo del patch solo in particolari gruppi di pazienti ad alto rischio ed in particolar modo nei fumatori, nei pazienti di sesso femminile, nei giovani (età < 65 aa) e in quelli con carotide interna di piccolo calibro (Ø < 6 mm). È d’altra parte unanime il riscontro di una morbidità patch correlata che si traduce in un rischio di infezione per i materiali sintetici e nel rischio di degenerazione aneurismatica e rottura per quelli biologici.
Sembrerebbe quindi appropriata una applicazione selettiva del patch secondo criteri di necessità evitando inutili allungamenti dei tempi operatori, costi e morbidità aggiuntivi nei casi di non provata efficacia.

TEA EVERTENTE
La sintesi accurata dell’arteriotomia è un presupposto indispensabile nella prevenzione delle restenosi carotidee precoci e tardive. L’arteriorrafia diretta, seppur con suture ultrasottili, predispone a stenosi residue soprattutto in carotidi interne di piccolo diametro. L’utilizzo del patch può facilitare la chiusura
dell’arteriotomia a livello del bulbo ma di norma è poco efficace nell’evitare restringimenti della porzione distale della carotide interna. Eliminare l’arteriotomia longitudinale sulla carotide
interna eseguendo l’endoarterectomia con tecnica per eversione è una delle alternative possibili. Descritta in dettaglio da numerosi Autori fin dal 1959 seppur con minime varianti, l’endoarterectomia carotidea per eversione consiste essenzialmente nella transezione della carotide interna alla sua origine, nella sua eversione e rimozione della placca ateromasica, ed infine nel reimpianto sulla carotide comune che avviene di norma sul sito originario.34,35 La mancanza di linee di sutura sulla carotide interna unitamente alla possibilità di controllo visivo diretto dell’intera estensione dell’endoarterectomia sarebbero motivo di ridotte percentuali di restenosi precoci e tardive.36-40 Dopo eversione la carotide interna acquisirebbe inoltre caratteristiche di rigidità, diametro e compliance parietale del tutto simili a carotidi sane non operate. La possibilità di adeguare secondo esigenze anatomiche la lunghezza della carotide interna è un ulteriore vantaggio in termini emodinamici della tecnica per eversione la cui indicazione appare elettiva proprio nei casi di ridondanza od angolatura del vaso.41 Attualmente in letteratura solo 5 studi (3 prospettici e 2 retrospettivi) hanno riportato i dati definitivi scaturiti dalla comparazione dell’endoarterectomia per eversione e quella convenzionale (con e senza patch).42-46 I risultati che emergono mostrano una sostanziale equivalenza in termini di stroke e trombosi perioperatori e nelle percentuali di restenosi precoci e tardive. Cosi’ come per il patching è comunque individuabile una categoria di pazienti in cui l’endoarterectomia per eversione mostra significativi vantaggi in termini di tassi di restenosi quando comparata con endoarterectomia convenzionale ed arteriorrafia diretta. La monocentricità e la conseguente relativa piccola serie di pazienti reclutati nei suddetti studi potrebbe essere la causa delle differenze statisticamente non significative di alcuni dei dati emersi. A tal proposito in Europa è in corso di svolgimento il primo studio multicentrico prospettico randomizzato che si propone il confronto tra endoarterectomia per eversione e standard (EVEREST).47 1353 pazienti sono stati sottoposti secondo criteri di scelta random ad endoarterectomia standard con o senza patch o ad endoarterectomia per eversione. I dati preliminari di tale studio, pubblicati nel mese di ottobre del 1998 suggeriscono l’affidabilità della tecnica per eversione con ratei perioperatori di complicanze maggiori notevolmente contenuti rimandando però ad un follw-up più lungo conclusioni riguardo possibili riduzioni dei tassi di restenosi.

TECNICHE ENDOVASCOLARI
Discutere dei possibili vantaggi in termini di restenosi di un approccio endovascolare alla patologia carotidea appare, allo stato attuale, quanto meno prematuro. Seppure non manchino in tal senso presupposti di tipo teorico è però necessario considerare come l’attuale dibattito scientifico discuta ancora dell’angioplastica e stenting carotideo in termini di fattibilità. Le procedure endovascolari hanno generalmente il vantaggio di essere più sicure, meno traumatiche, economicamente vantaggiose ed utilizzabili anche in pazienti ad alto rischio chirurgico. Nel caso della patologia cerebrovascolare a ciò si aggiunge la possibilità di operare in siti normalmente inaccessibili alla chirurgia tradizionale. L’angioplastica percutanea della carotide fu eseguita per la prima volta nei primi anni ‘80 ma i timori riguardo potenziali rischi di embolizzazione cerebrale ne hanno successivamente rallentato lo sviluppo. Nuovi materiali e farmaci antiaggreganti più efficaci solo recentemente hanno reso l’approccio percutaneo una attraente alternativa all’endoarterectomia carotidea soprattutto in casi poco accessibili alla chirurgia.48 Con l’evolversi dell’angioplastica carotidea associata a stenting il campo di applicazione si va allargando e sono in corso di formulazione nuove strategie per ridurre il rischio di complicazioni neurologiche.49 I pochi dati finora disponibili mostrano ottimi risultati di successo immediato con complicazioni periprocedurali contenute in valori accettabili. Anche le percentuali di restenosi precoci sono comparabili con quelle della chirurgia tradizionale.50 Solo gli studi multicentrici tuttora in fase di svolgimento stabiliranno però con esattezza il ruolo dell’approccio endovascolare ad una patologia che già ha riconosciuto nell’endoarterectomia una efficace e sicura forma di trattamento.

TERAPIA MEDICA
Aver riconosciuto l’importanza dei fattori locali, legati in gran parte alla tecnica ed alla accuratezza dell’operatore, nello sviluppo della restenosi carotidea non deve far sottovalutare il ruolo di alcuni presidi farmacologici nel mantenimento e miglioramento del risultato chirurgico. Numerose esperienze hanno infatti sottolineato l’efficacia della terapia antiaggregante nella prevenzione dei fenomeni tromboembolici perioperatori e nel modulare il processo di neoendotelizzazione riducendo l’iperplasia miointimale; è inoltre opinione unanime l’importanza in tal senso della correzione di alcuni dei principali fattori di rischio quali fumo, ipertensione, dislipidemia e diabete. Lo studio dei meccanismi cellulari coinvolti nel processo di restenosi vascolare sta inoltre mettendo in luce prospettive di intervento farmacologico impensabili solo fino qualche anno fa. Stabilita la razionalità di un trattamento radiante sono già allo stadio di sperimentazione terapie genetiche la cui applicazione locale è resa possibile dalla disponibilità di presidi endovascolari sempre più sofisticati.51-53 Non è escluso quindi che in un prossimo futuro la conoscenza e la corretta applicazione di nuove e sempre più efficaci terapie mediche potranno essere la strada da percorrere nella ricerca di risultati più duraturi in chirurgia carotidea.

STORIA NATURALE
La mancanza di follow-up a lungo termine in pazienti non trattati rende attualmente difficile stabilire l’esatto significato clinico delle restenosi carotidee. Nello suo studio eseguito al New England Medical Center, Mackey (1992) riscontra che più della metà delle restenosi carotidee significative sono rimaste asintomatiche, non hanno necessitato di correzione chirurgica e non sono progredite verso l’occlusione.5
Valutando inoltre tutti i pazienti sottoposti a CEA presso il proprio Centro, Mackey54 ha riesaminato quelli colpiti da stroke dopo un intervallo di tempo maggiore di 30 giorni dall’intervento chirurgico; 35 (5,1%) dei 688 pazienti seguiti al follow-up rispondevano a tali requisiti ed in 11 (31%) di questi gli eventi neurologici erano chiaramente correlabili a restenosi carotidea significativa. Solo 3 (15%) dei 20 stroke insorti entro 36 mesi dall’endoarterectomia erano correlabili alla restenosi carotidea, mentre lo erano 8 (53%) dei 15 stroke insorti successivamente (intervallo > 36 mesi).
Da questi dati appare evidente il diverso comportamento, in termini di eventi neurologici associati, delle restenosi precoci, di natura prevalentemente iperplastica e di quelle tardive, vere e proprie lesioni aterosclerotiche recidive ed a quest’ultime simili non solo nell’aspetto istologico ma probabilmente anche nel comportamento clinico.
Similmente Carballo (1996)55 in un recente lavoro compara 22 pazienti con restenosi carotidea significativa diagnosticata nei primi 12 mesi post operatori, tutti asintomatici, con altri 26 pazienti della sua stessa serie affetti da restenosi carotidea insorta dopo un intervallo di tempo maggiore; in questo ultimo gruppo 3 (12%) lesioni sono progredite verso l’occlusione con 2 stroke maggiori, ed altri 4 (15%) pazienti hanno subito TIA omolaterali alla lesione.
La consistenza uniformemente fibrosa e la superficie liscia della lesione iperplastica miointimale sono alla base della relativa asintomaticità delle restenosi carotidee precoci, al contrario la natura prevalentemente aterosclerotica, irregolare con tendenza all’ulcerazione ed alla trombosi delle restenosi carotidee tardive spiega la loro proprietà emboligena e la progressione verso l’occlusione.56
L’incidenza di eventi neurologici sembra però legarsi non solo al "timing" ma anche alla severità delle restenosi, similmente a quanto accade per le lesioni carotidee primitive. In uno studio eseguito su 40 pazienti con restenosi carotidee significative trattate conservativamente, Òdonnell (1985)56 riscontra ad un follow-up
medio di 63 mesi un solo TIA (4,7%) e nessuno stroke fra i 21 pazienti con stenosi compresa tra il 50% ed il 75%, 2 stroke (22%) ed 1 TIA (11%) fra i 9 pazienti con stenosi compresa fra il 76% ed il 99%, 3 stroke (33%) nei rimanenti 10 pazienti la cui carotide era già occlusa all’inizio dello osservazione.

INDICAZIONI AL TRATTAMENTO CHIRURGICO
Considerata la relativa bassa incidenza di stroke nei soggetti non trattati ed il maggior rischio operatorio correlato al reintervento chirurgico, le indicazioni alla correzione delle restenosi carotidee dovrebbero essere relativamente ristrette. Molti neurologi e chirurghi vascolari sono d’accordo nel trattare chirurgicamente restenosi severe in soggetti sintomatici anche se non esistono in letteratura dati convincenti che giustifichino tale atteggiamento. Il ruolo della “redo” endoarterectomia carotidea è ancora meno certo nella gestione delle restenosi asintomatiche.
Indipendentemente dalla sintomaticità l’approccio chirurgico alle stenosi carotidee recidive appare corretto qualora il rischio operatorio sia accettabile e i risultati in termini di mortalità e morbilità neurologica siano superiori a quelli ottenuti con un trattamento conservativo. Il supposto maggiore rischio operatorio, soprattutto per quanto riguarda possibili lesioni dei nervi cranici, è tuttora argomento di discussione,57 numerosi lavori in letteratura riportano risultati di morbilità e mortalità neurologica sovrapponibili all’intervento primitivo purché si proceda con le dovute cautele nella dissezione e si applichi la tecnica più appropriata alle diverse circostanze (plastica con patch, resezione ed innesto, neo endoarterectomia). Diverse esperienze infine indicano la procedura endovascolare (PTA e stenting) come efficace alternativa alla chirurgia convenzionale nel trattamento delle restenosi carotidee ed in particolar modo delle lesioni di natura iperplastica con risultati in termini di complicanze periprocedurali e pervietà a medio termine incoraggianti. Considerazioni definitive sull’affidabilità di tali procedure e sulla durata dei risultati ottenuti emergeranno da trial clinici randomizzati attualmente in fase di studio.58-60
Nella scelta delle lesioni da trattare devono essere prese in considerazione sia il grado di stenosi che l’epoca di insorgenza, essendo entrambi i fattori collegati alla espressività clinica delle restenosi carotidee.
Si ritiene attualmente opportuna la correzione chirurgica delle stenosi severe (> 75%) siano esse sintomatiche o meno, precoci o tardive; c’è uniformità di vedute nel considerare chirurgiche lesioni sintomatiche, moderate (50%-75%) ad insorgenza tardiva e nel trattare conservativamente lesioni asintomatiche moderate ad insorgenza precoce.61,62

PAZIENTI E METODI
L’esperienza maturata nell’ultimo decennio dalla nostra Scuola nel trattamento della patologia vascolare del distretto cervicoencefalico consta complessivamente di 195 interventi chirurgici. Tra questi sono compresi 18 innesti carotidei (di cui 4 per restenosi), 6 rivascolarizzazioni extraanatomiche cervicali e 2 bypass aorto-anonimi per lesioni steno-ostruttive dei tronchi epiaortici, 4 redo-endoarterectomie. 149 sono i pazienti (128 uomini e 21 donne, sottoposti a endoarterectomia “primaria” per un numero di 165 carotidi operate. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad indagini ultrasonografiche ed angiografiche. La valutazione con TC del cranio (più volte sostituita negli ultimi tempi dalla RM) è stata eseguita nel 91% dei casi (150).
La maggioranza dei pazienti (67%) erano sintomatici (34% TIA, 18% amaurosi fugace, 10% stroke non invalidante, 5% sintomi non emisferici). Il 71% dei pazienti aveva un interessamento bilaterale delle carotidi, con occlusione del vaso controlaterale in 8 casi (5%). Dopo una breve iniziale esperienza con l’utilizzo dell’anestesia generale associata a shunting selettivo della carotide interna (primi 25 casi) siamo passati all’impiego dell’anestesia loco-regionale e monitoraggio intraoperatorio diretto del compenso cerebrovascolare intracranico; registriamo in questa seconda fase il raro ricorso allo shunt (4 casi - 2,9%) associato ad una minima morbilità neurologica perioperatoria (1 deficit neurologico maggiore – 0,7%). Accanto alla validità del monitoraggio intraoperatorio attribuiamo tali risultati ad una accurata condotta chirurgica soprattutto nella fase della preparazione e clampaggio carotideo secondo i dettami della “no touch technique” proposta da Balaji (1985). Abbiamo applicato dei punti di Kunlin in 15 pazienti (9%). L’utilizzo di un patch, per la chiusura dell’arteriotomia, si è rivelato necessario nel 25% dei casi (i punti di stabilizzazione endoteliale sono sempre stati associati a patching). Abbiamo preferito materiali alloplastici (29 PTFE, 8 Dacron) e siamo ricorsi alla vena safena autologa solo 4 volte. La mortalità perioperatoria complessiva si attesta su un valore dello 0,6% (un paziente deceduto in IV giornata postoperatoria per IMA). Di norma non antagonizziamo l’eparina somministrata intraoperatoriamente prima del clampaggio e proseguiamo il trattamento anticoagulante (eparina 12.500 unità s.c./die) per tutta la durata del ricovero. Tutti i pazienti vengono dimessi con terapia antiaggregante.
Abbiamo analizzato retrospettivamente la nostra intera casistica cercando di individuare i tassi e la significatività clinica delle restenosi precoci e tardive; abbiamo ricercato inoltre una eventuale correlazione con dettagli di tecnica chirurgica focalizzando particolarmente l’attenzione sull’utilizzo del patch. Sono disponibili ad un follow-up medio di 3 anni (7 anni – 1 mese) 140 carotidi endoarterectomizzate in 128 pazienti (112 uomini, 16 donne). Abbiamo escluso dal presente studio tutti i casi di reimpianto della carotide interna laddove la stenosi si associava a kinking analizzando quindi solo le endoarterectomie standard eventualmente associate a plastica con patch (38 casi, 27%). La valutazione della velocità e della qualità del flusso a livello della carotide endoarterectomizzata eseguita intraoperatoriamente con esame doppler e l’eventuale correzione immediata di difetti tecnici ci consente di escludere la presenza di stenosi carotidee residue. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame ecodoppler a distanza di 1 mese dall’intervento e successivamente con scadenza semestrale fino al raggiungimento del 18° mese postoperatorio per proseguire poi con frequenza annuale. Il controllo ecodoppler è stato improntato sulla rilevazione a tre diversi livelli del diametro del vaso endoarterectomizzato e sulla ricerca di eventuali alterazioni della parete. Il primo diametro è stato misurato sulla carotide comune (porzione pre-bulbare), il secondo sul bulbo carotideo ed il terzo sulla carotide interna in prossimità dell’end-point chirurgico.
 
RISULTATI
Registriamo nel periodo perioperatorio un decesso in IV giornata per IMA (0,6%) e due stroke di probabile origine embolica (1,2%). Ad 1 mese dall’intervento nessuna carotide mostra segni di stenosi residua validando così i risultati del nostro controllo intraoperatorio. A livello prebulbare notiamo nel corso dei controlli successivi un progressivo ispessimento a “scalino”, segno del limite prossimale dell’EA, che interessa il 43% delle carotidi; questa lesione non si traduce, generalmente, in alcun effetto emodinamico e raggiunge il suo massimo sviluppo al 18° mese per poi regredire parzialmente. In sede bulbare il diametro del vaso dimostra, nel 36% dei casi (6 mesi di follow-up) ispessimenti della parete posteriore varianti da un minimo di 2,5 mm ad un massimo di 5 mm. A 12 mesi la percentuale delle carotidi interessate diminuisce al 23% per arrestarsi al 9% nei controlli a 18 mesi. In nessun caso abbiamo notato stenosi recidive emodinamicamente significative a questo livello, nemmeno nei controlli più tardivi. Il controllo del limite distale dell’EA si è rivelato più interessante.
A 12 mesi abbiamo rilevato nell’8,8% dei casi (11/125) una stenosi da iperplasia miointimale emodinamicamente significativa, associata in 2 casi, ad una alterazione del decorso dell'arteria. In un caso la lesione era accompagnata da sintomi neurologici, ed in un altro caso la stenosi era pre-occlusiva. Si è ritenuto giusto pertanto procedere al reintervento, con apposizione di un patch in PTFE in un caso ed innesto protesico (PTFE) nell’altro. A 30, 42 e 54 mesi le percentuali di restenosi sono state rispettivamente del 11,8% (10/85), 13,3% (8/60) e 15,4% (6/39).
6 delle 15 restenosi insorte successivamente al 18 mese postoperatorio hanno necessitato un reintervento chirurgico; 4 per sintomi neurologici, 2 perché preocclusive. In tutti i casi si trattava di lesioni ecograficamente disomogenee a superficie irregolare. Abbiamo eseguito indifferentemente o una plastica con patch in PTFE (3 casi) o un innesto carotideo (1 vena autologa, due protesi in PTFE).
Nessuno dei reinterventi ha comportato lesioni dei nervi cranici ne incidenti neurologici perioperatori; successivi controlli ecodoppler mostrano l’assenza di stenosi ricorrenti secondarie.
Riscontriamo minime differenze nelle percentuali di restenosi precoci e tardive fra le carotidi sottoposte o meno a plastica con patch.
 
DISCUSSIONE
La restenosi rimane la principale causa di fallimento a lungo termine della chirurgia carotidea. Approssimativamente 10-21% dei pazienti sviluppano una restenosi emodinamicamente significativa (>50%) che supera l’80% nel 3-8% dei casi.13-15,63,64 La natura delle lesioni carotidee ricorrenti è tuttora oggetto di dibattito così come i meccanismi eziopatogenetici e la loro significatività clinica. Sebbene sia da sempre riconosciuta l’importanza di alcuni fattori di rischio di carattere generale (fumo, ipercolesterolemia, genere femminile) è attuale l’opinione secondo la quale la responsabilità dello sviluppo di una stenosi carotidea recidiva debba essere principalmente ricercata in alcuni dettagli di tecnica chirurgica. Condividiamo appieno tale orientamento e nella nostra pratica affidiamo al controllo intraoperatorio (ultrasonografico e/o angiografico) la ricerca di eventuali difetti tecnici residui misconosciuti al termine dell’endoarterectomia. Consideriamo ogni tecnica di endoarterectomia carotidea alla pari delle altre purchè correttamente applicata: eseguiamo, quando possibile, una arteriorrafia con sopraggitto riservando la plastica con patch nei casi di carotide interna di piccolo calibro ( Ø < 6mm) soprattutto in pazienti con importanti fattori di rischio. Cerchiamo in tale modo di evitare la morbilità legata al patch nei casi in cui riteniamo superflua la sua applicazione; la differenza, statisticamente non significativa dei tassi di restenosi fra i due gruppi rende ragione del nostro atteggiamento. Riguardo la scelta del materiale, diamo la preferenza a materiali alloplastici ed in particolar modo al PTFE per le sue caratteristiche di maneggevolezza, elasticità e resistenza alle infezioni. Rispetto all’uso della vena autologa (preferita da altri Autori) otteniamo una significativa riduzione dei tempi operatori evitando inoltre il rischio non trascurabile di una successiva dilatazione aneurismatica e/o rottura del patch. Analogamente all’uso del patch, anche sulla base di una preferenza di Scuola, ci limitiamo ad eseguire una endoarterectomia per eversione solo nei casi di ridondanza e kinking della carotide interna (casi peraltro non inseriti in questo studio). Non abbiamo per ora esperienza nel trattamento endovascolare della patologia carotidea. Il significato clinico delle restenosi carotidee è pure esso motivo di discussione; appare evidente, anche dalla nostra esperienza, il diverso atteggiamento in tal senso delle restenosi precoci e quelle tardive. L’insorgenza di sintomi nella nostra serie è tre volte più elevata nei casi di restenosi insorte tardivamente e ciò giustifica il ricorso più frequente alla chirurgia per tali lesioni. La difficoltà di predire con sicurezza quali lesioni causeranno o meno uno stroke invalidante ci induce comunque a seguire un atteggiamento piuttosto uniforme nell’indicazione chirurgica: indipendentemente dall’epoca di insorgenza riteniamo utile la correzione chirurgica delle restenosi (> 50%) carotidee sintomatiche (TIA o stroke ipsilaterale) e di quelle preocclusive (> 80%) indipendentemente dalla sintomatologia. Leridotte percentuali di complicanze perioperatorie rendono appropriato il rapporto rischio-beneficio di tale atteggiamento. Analogamente alla nostra esperienza numerosi lavori in letteratura mostrano la sicurezza della redo chirurgia carotidea con morbidità neurologica perioperatoria solo lievemente incrementata rispetto alla chirurgia “di prima mano”. La durata nel tempo dei risultati dei reinterventi è invece tuttora motivo di qualche dubbio mancando allo stato attuale follow-up condotti a lungo termine. In un lavoro pubblicato recentemente Rosenthal (1996)65 cerca di definire il significato delle stenosi carotidee ricorrenti secondarie (SRCS) affermando la scarsa propensione di tali lesioni a causare sintomi e di conseguenza le ridotte indicazioni al terzo intervento chirurgico. La tecnica chirurgica ideale da applicare nei reinterventi è ben lungi dall’essere definita; preferiamo non procedere ad una neo-endoarterectomia anche nei casi di recidiva aterosclerotica ed optiamo per una plastica con patch o per un innesto preferendo quest’ultimo nei casi di restenosi serrata e debolezza della parete vascolare residua. Una accurata preparazione chirurgica della carotide attraverso i piani cicatriziali del pregresso intervento ci consente di non riportare alcuna lesione permanente dei nervi cranici, complicanza che in alcune casistiche raggiunge percentuali prossime al 15%. Considerata l’obiettiva difficoltà del reintervento e le possibili complicanze giudichiamo interessante l’approccio endovascolare alla patologia carotidea recidiva la cui efficacia e sicurezza è dimostrata in recenti serie pubblicate in letteratura (Hobson, 1999)66. Pur non avendo ancora una personale esperienza in tal senso riteniamo corretta l’angioplastica percutanea delle lesioni iperplastiche miointimali soprattutto quando associata a stenting. E’ infine doveroso sottolineare il ruolo crescente della terapia medica nel garantire la durata del risultato chirurgico, attraverso il controllo della proliferazione cellulare miointimale e la modulazione del processo di aterogenesi.
 
CONCLUSIONI
La stenosi ricorrente o restenosi è una ben nota complicanza a lungo termine dell’endoarterectomia carotidea. L’impiego sempre più estensivo delle metodiche diagnostiche ecografiche nel follow-up postoperatorio ha recentemente delineato con precisione le dimensioni di un fenomeno per lungo tempo sottostimato. Aver riconosciuto la responsabilità di particolari elementi di tecnica chirurgica ha spinto molti Autori alla ricerca di una tecnica “ideale” capace di ridurre le percentuali di recidive. La complessità dei meccanismi fisiopatologici e la natura eterogenea delle lesioni non ha permesso però finora di dimostrare la superiorità di una soluzione chirurgica nei confronti delle altre. Ogni tecnica ha dimostrato la propria validità quando ben eseguita e correttamente applicata. La relativa benignità delle lesioni carotidee recidive deve indurre ad una accurata selezione dei casi da sottoporre a correzione chirurgica e pone dubbi sulla necessità di frequenti controlli strumentali in pazienti operati, soprattutto dopo il primo anno. Merita infine interesse la possibilità di un approccio endovascolare alle restenosi in particolar modo se precoci. La nostra esperienza sottolinea l’importanza dell’accuratezza chirurgica durante la primitiva endoarterectomia da raggiungere eventualmente mediante il controllo intraoperatorio del risultato. Poniamo l’accento sull’importanza di adattare la tecnica chirurgica alle caratteristiche anatomiche della lesione e quelle generali del paziente. Giudichiamo infine la chirurgia delle lesioni carotidee ricorrenti una chirurgia fattibile con ratei di complicanze accettabili soprattutto nei pazienti sintomatici e/o rapida progressione verso l’occlusione carotidea.
 
BIBLIOGRAFIA
1.European Carotid Surgery Trialists’ Collaborative Group MRC European Carotid Surgery Trial: interim results for symptomatic patients with severe (70-90%) or with mild (0-29%) carotid stenosis Lancet 1991; 337:1235-1243
2.Warlow CP Symptomatic patients: the European Carotid Surgery Trial (ECST) J Mal Vasc 1993; 18:198-201
3.European Carotid Surgery Trialists’ Collaborative Group Endarterectomy for moderate carotid stenosis: interim results from the MRC European Carotid Surgery Trial Lancet 1996; 347:1591-1593
4.North American Symptomatic Carotid Endarterectomy Trial Collaborators Beneficial effect of carotid endarterectomy in symptomatic patients with high-grade carotid stenosis
N Engl J Med 1991; 325:445453
5.Mackey WC, Belkin M, Sindhi R, et al Routine post-endarterectomy duplex surveillance: Does it prevent late stroke? J Vasc Surg 1992; 16:934-940
6.Cook JM, Thompson BW, Barnes RW Is routine duplex examination after carotid endarterectomy justified? J Vasc Surg 1990; 12:334-339
7.Gelabert HA, El Massry S, Moore WS Carotid endarterectomy with primary closure does not adversely affect the rate of recurrent stenosis Arch Surg 1994; 129:648-654
8.Nichols SC, Philips DJ, Bergelin RO, et al Carotid endarterectomy: Relationship of outcome to early restenosis J Vasc Surg 1985; 2:357-381
9.Stoney RJ, String ST, Recurrent carotid stenosis Surgery 1976; 80:705-710
10.Clagett GP, Robinowitz M, Yourkey JR, et al Morphogenesis and clinicopathologic characteristics of recurrent carotid disease J Vasc Surg 1986; 3:310-323
11.Clagett G P, Rich N M, McDonald P T, et al Etiologic factors for recurrent carotid artery stenosis Surgery 1983; 93:313–318
12.Marek JM, Koehler C, Aguirre ML, and al The histologic characteristics of primary and restenotic carotid plaque Journ Surg Res 1998; 74:27-33
13.Ricotta J J, and ÒBrien M S Natural history of recurrent and residual stenosis after carotid endarterectomy: implications for postoperative surveillance and surgical management Surgery 1992; 112:662–663
 14.Healy D A, Zierler R E, Nicholls S C, and al Long-term follow-up and clinical outcome of carotid restenosis J Vasc Surg 1989; 10:662–669
15.Barnes R W, Nix M L, Nichols B T, and al Recurrent venous residual carotid stenosis. Incidence detected by Doppler ultrasound Ann Surg 1986; 203:652–659
16.Ouriel K, and Green R M Clinical and technical factors influencing recurrent carotid stenosis and occlusion after endarterectomy J Vasc Surg 1987; 5: 702–706
17.Rapp J H, Qvarfordt P, Krupski W C, and al Hypercholesterolemia and early restenosis after carotid endarterectomy Surgery 1987; 101:277–282
18.Reilly L M, Okuhn S P, Rapp J H, and al Recurrent carotid stenosis: A consequence of local or systemic factors? The influence of unrepaired technical defects J Vasc Surg 1990; 11:448– 460
19.Sterpetti A V, Schultz R D, Feldhaus R J, and al Natural history of recurrent carotid artery disease Surg Gynecol Obstet 1989; 168:217–223
20.Rossi PG, Valentine RJ, Myers SI, and al The durability of bilateral carotid endarterectomy Ann Vasc Surg 1995; 9:16-20
21.AbuRahma AF, Robinson PD, Saiedy S, and al Prospective randomized trial of bilateral carotid endarterectomies: primary closure versus patching Stroke 1999; 30:1185-1189
22.Fiorani P, Sbarigia E, Speziale F, and al Intra and postoperative control in carotid surgery Ann Ital Chir 1997; 68:483-8
23.Zannetti S, Cao P, De Rango P, and al Intraoperative assessment of technical perfection in carotid endarterectomy: a prospective analysis of 1305 completion procedures Eur J Vasc Endovasc Surg 1999; 18:52-8
24.Imparato AM The role of patch angioplasty after carotid endarterectomy J Vasc Surg 1988; 7:715-16
25.Deriu GP, Ballotta E, Bonavina L, et al The rationale for patch-graft angioplasty after carotid endarterectomy: early and long term follow-up Stroke 1984; 15:972-979
26.Archie JP Prevention of early restenosis and thrombosis-occlusion after carotid endarterectomy by saphenous vein patch angioplasty Stroke 1986; 17:901-905
27.Eikelboom BC, Ackerstaff RGA, Hoeneveld H, et al Benefits of carotid patching: a randomized study J Vasc Surg 1988; 7:715-716
28.Archie JP Jr Geometric dimension changes with carotid endarterectomy reconstruction J Vasc Surg 1997; 25:488-98
29.Imparato AM The carotid bifurcation plaque. A model for the study of atherosclerosis J Vasc Surg 1986; 3:249-55
30.Nene S, Moore W The role of patch angioplasty in prevention of early recurrent carotid stenosis Ann Vasc Surg 1999; 13:169-173
31.Anderson A, Padayachee TS, Sandison AJ, et al The result of routine primary closure in carotid endarterectomy Cardiovasc Surg 1999; 7:50-55
32.Costantini S, Novali C, Costantini E, et al Carotid endarterectomy using direct suturing Ann Ital Chir 1997; 68:479-82
33.Archie JP Jr Patching with carotid endarterectomy: when do it and what to use Semin Vasc Surg 1988; 11:24-29
34.DeBakey ME, Crawford ES, Cooley DA Surgical consideration of occlusive disease of innominate, carotid, subclavian and vertebral arteries Ann Surg 1959; 149:690-710
35.Etheredge SN A simple technique for carotid endarterectomy Ann Surg 1970; 120:275-278
36.Vanmaele R, VanSchil P, DeMaeseneer MG et al Closure of internal carotid artery after endarterectomy: the advantages of patch angioplasty without its disadvantages Ann Vasc Surg 1990; 4:81-84
37.Reigner B, Reveilleau P, Gayral M et al Eversion endarterectomy of the internal carotid artery: mid-term results of a new technique Ann Vasc Surg 1995; 9:141-146
38.Kasprzak PM, Raithel D Eversion carotid endarterectomy. Technique and early results J Cardiovasc Surg 1989; 30:495
39.Kieny R, Hirsch D, Seiller C, Thiranos JC et al Does carotid eversion endarterectomy and reimplantation reduce the risk of restenosis? Ann Vasc Surg 1993; 7:407-413
40.Entz L, Jarany Z, Nemes A Comparison of perioperative results obtained with carotid eversion endarterectomy and with conventional patch plasty Cardiovasc Surg 1997; 5:16-20
41.Baan J Jr, Thompson JM, Reul Gj et al Vessel wall and flow characteristics after carotid endarterectomy: eversion endarterectomy compared with Dacron patch plasty Eur J Vasc Endovasc Surg 1997; 13:583-591
42.Vanmaele RG, Van Schil PE, DE Maesneer MG et al Division-endarterectomy-anastomosis of the internal carotid artery: a prospective randomized comparative study Cardiovasc Surg 1994; 2:573-81
43.Darling RC III, Paty PS, Shah DM et al Eversion endarterectomy of the internal carotid artery: technique and results in 449 procedures Surgery 1996; 120:635-9
44.Entz L, Jaranyi ZS, Nemes A et al Comparison of perioperative results obtained with eversion endarterectomy and with conventional patch plasty Cardiovasc Surg 1997; 5:16-20
45.Cao P, Giordano G, De Rango P et al Eversion versus conventional carotid endarterectomy: a prospective study Eur J Vasc Endovasc Surg 1997; 14:96-104
46.Ballotta E, Da Giau G, Saladini M et al Carotid endarterectomy with patch closure versus carotid eversion endarterectomy and reimplantation: A prospective randomized study Surgery 1999; 125:271-9
47.Cao P, Giordano G, De Rango P et al A randomized study on eversion versus standard carotid endarterectomy: Study design and preliminary results: The EVEREST trial J Vasc Surg 1998; 27:595-605
48.Dietrich EB, Ndiaye M, Reid DB et al Stenting in the carotid artery: Initial experience in 110 patients Endovasc Surg 1996; 3:42-46
49.Criado FG, Frank J, Wellons E et al Evolving indications for and early results of carotid artery stenting Am J Surg 1997; 174:111-114
50.Gomez R The role of carotid angioplasty and stenting Sem Neur 1998; 4:501-511
51.Song C, Labhasetwar V, Cui X et al Arterial uptake of biodegradable nanoparticles for intravascular local drug delivery: results with an acute dog model J Controlled Release 1998; 54:201-11
52.Rubin P, Williams JP, Riggs PN et al Cellular and molecular mechanisms of radiation inhibition of restenosis. Part I: role of the macrophage and platelet-derived growth factor Int J Radiat Oncol Bios Phis 1998; 40:929-41
53.Todaka T, Yokoyama C, Yanamoto H et al Gene transfer of human prostacyclin synthase prevents neointimal formation after carotid balloon injury in rats Stroke 1999; 30:419-26
54.Washburn WK, Mackey WC, Belkin M. et al Late stroke after carotid endarterectomy: The role of recurrent stenosis J Vasc Surg 1992; 15:1032-1037
55.Carballo RE, Towne JB, Seabrook GR, et al An outcome analysis of carotid endarterectomy: The incidence and natural history of recurrent stenosis J Vasc Surg 1996; 23:749-754
56.ÒDonnel TF, Callow AD, Scott G, et al Ultrasound characteristics of recurrent carotid disease: Hypothesis explaining the low incidence of symptomatic recurrence J Vasc Surg 1985; 2:26-41
57.Hill BB, Olcott C IV, Dalman RL, et al Reoperation for carotid stenosis is as safe as primary carotid endarterectomy J Vasc Surg 1999; 30:26-35
58.Diethrich EB, Gordon MH, Lopez-Galarza LA, et al Intraluminal Palmaz stent implantation for treatment of recurrent carotid artery occlusive disease: a plan for the future J Interv Cardiol 1995; 8:213-8
59.Hobson RW 2nd, Goldstein JE, Jamil Z, et al Carotid restenosis: operative and endovascular management J Vasc Surg 1999; 29:228-35
60.Lanzino G, Mericle RA, Lopes DK, et al Percutaneous transluminal angioplasty and stent placement for recurrent carotid artery stenosis J Neurosurg 1999; 90:688-94
61.ÒDonnel TF, Rodriguez A, Fortunato J, et al The management of recurrent carotid stenosis: Should asymptomatic lesions be treated surgically?
J Vasc Surg 1996; 24:207-212
62.Nitzberg RS, Mackey WC, Prendiville E, et al Long term follow-up of patients operated on for recurrent carotid stenosis J Vasc Surg 1991; 13:121-127
63.Executive Committee for the Asymptomatic Carotid Atherosclerosis Study Endarterectomy for asymptomatic carotid artery stenosis J Am Med Assoc 1995; 273:1421–1428
64.Norving B, Nilsson B, and Olsson J E Progression of carotid disease after endarterectomy: A Doppler ultrasound study Ann Neurol 1982; 12:548–552
65.Rosenthal D, Archie JP Jr, Avila MH, et al Secondary recurrent carotid stenosis J Vasc Surg 1996; 24:243-250
66.Hobson RW, Goldstein JE, Jamil Z, et al Carotid restenosis: Operative and endovascular management J Vasc Surg 1999; 29:228-238
67.De Antoni E, Salvati B, Capoano R. Le restenosi carotidee precoci : strategia chirurgica Atti del 91° Congresso S.I.C. Vol.V°, 118-26, 1989
68.De Antoni E, Salvati B, Capoano R. Chirurgia della carotide. Esperienze cliniche a confronto Atti IX Incontro chir. Foggia, 205-21O, 1989